(Lodi, 11 mag 2023) - «I nostri imprenditori sono disorientati e in balia delle oscillazioni di mercato
e delle grandi industrie casearie. Per i prezzi del latte occorrono riferimenti certi e un accordo di
filiera che garantisca ai produttori ricavi adeguati», è il presidente di Confagricoltura Milano Lodi
Monza Brianza Francesco Pacchiarini a prendere posizione in vista della prossima convocazione
del tavolo nazionale del latte, organismo che riunisce imprese agricole, aziende casearie e
istituzioni con l’obiettivo di monitorare costi e affrontare le criticità.
Preoccupano, infatti, i dati fotografati dalla Camera di Commercio Metropolitana Milano-Monza
Brianza-Lodi: il prezzo del latte alla stalla in Lombardia è passato da 61,29 centesimi a gennaio a
58,79 centesimi a marzo 2023 (- 4,08%), mentre il prezzo medio del latte spot (latte sfuso in
cisterna) a maggio 2023 si è fermato a 43,56 centesimi, contro i 55,22 centesimi di gennaio (-
21,12%). Alle pesanti variazioni si somma la pressione degli operatori dell’industria casearia che
chiedono una revisione degli accordi sul prezzo del latte alla stalla, puntando al ribasso dei costi di
acquisto, in conseguenza della presunta contrazione della domanda dei consumatori, che, secondo
alcune analisi di settore, sarebbe calata di circa l’8% nel primo trimestre del 2023.
Tra le aziende che spingono per un cambio delle condizioni, c’è chi propone l’applicazione di un
sistema di indicizzazione del prezzo per rispecchiare in modo più aderente l’andamento di mercato
nel medio e lungo periodo.
«Gli attuali 58 centesimi al litro sono appena sufficienti a coprire i meri costi di produzione.
Scendere al di sotto di questa cifra significherebbe mettere in ginocchio il settore - chiarisce Danilo
Barbaglio della sezione latte di Confagricoltura -. Se è vero che rispetto al 2022 i prezzi sono saliti,
questo si deve esclusivamente a un aumento dei tassi di interesse, triplicati rispetto all’anno
precedente, ma per i nostri allevatori non c’è stato alcun guadagno. Assurda e irricevibile quindi la
recente ipotesi di indicizzazione che utilizza come parametri i prezzi medi del grana e del latte a
livello europeo, rappresentando anche paesi e mercati molto distanti dagli scenari economici
italiani»
«Con il metodo di indicizzazione si rischia di trascinare il prezzo del latte al di sotto dei costi di
produzione, soprattutto nella stagione estiva, quando la produzione degli animali nelle stalle
diminuisce per effetto del caldo e la domanda di prodotti freschi lattiero-caseari aumenta, anche in
relazione al turismo. Oggi - rimarca Pacchiarini - non sussistono le condizioni per nessuna revisione
dei prezzi: i nostri allevatori stanno già affrontando enormi sacrifici per far fronte ai crescenti costi
di gestione e di aggiornamento tecnologico degli impianti, per rispettare gli impegni dell’agenda
europea sulle norme ambientali e di benessere animale e per mitigare i danni generati dalla crisi
idrica. Rimane da parte di Confagricoltura la massima disponibilità al confronto, purché sia diretto
a individuare criteri di definizione del prezzo del latte certi e coerenti con il giusto riconoscimento
economico per i nostri produttori».